Prototipo di tuta Krechet per esplorazione lunare (XX)

https://dati.museoscienza.org/lod/resource/ScientificOrTechnologicalHeritage/D-001421 <https://w3id.org/arco/ontology/arco/ScientificOrTechnologicalHeritage>

tuta spaziale xsd:string
xsd:string Prototipo di tuta Krechet per esplorazione lunare (XX) 
xsd:string detenzione privata 
xsd:string tuta spaziale 
xsd:string Dopo il crollo del muro di Berlino e il dissolvimento dell'Unione Sovietica è stato possibile per gli storici dello Spazio accedere a informazioni e a oggetti che fino a quel momento non erano mai stati sottoposti a indagine o addirittura dei quali era stata negata l'esistenza. Oggi, invece, conosciamo molto bene i momenti essenziali del programma russo di conquista della Luna. Nel 1959 i sovietici riuscirono a mettere in orbita attorno alla Luna una sonda automatica che aveva a bordo una macchina fotografica; vennero ottenute le prime immagini del lato nascosto del nostro satellite naturale e il successo della missione sembrò essere il giusto viatico per un prossimo sbarco umano. Il primo passo in questa direzione si concretizzò nel 1961 con la messa in orbita terrestre del primo uomo nello Spazio, Jurj Gagarin. Ma le cose a quel punto divennero molto più difficili e il progetto-Luna dei sovietici cominciò ad arrancare. Il successo del progetto americano Apollo che, con la missione Apollo 11, risucì a portare i primi uomini sulla Luna di fatto portò all'annullamento del programma lunare sovietico che, addirittura, cominciò ad essere negato fosse mai esistito. Piuttosto che arrivare secondi dietro gli acerrimi nemici americani era senza dubbio preferibile negare ci fosse mai stato qualsiasi interresse riguardo quell'obiettivo. I sovietici sostennero infatti che da parte loro non c'era nessuna intenzione di sprecare risorse preziose per far sbarcare un uomo sulla Luna essendo il loro più importante obiettivo quello di realizzare le prime stazioni spaziali permanenti (che in effetti furono i primi a mettere in orbita). Oggi sappiamo che quella era invece una grossa bugia. Le informazioni recenti, infatti, chiariscono che il programma era in realtà arrivato a un livello di sviluppo molto avanzato. Erano stati sviluppati un orbiter lunare e un modulo di atterraggio; erano pronte le tute spaziali per camminare sulla superficie della Luna ed era stata formata la squadra dei primi cosmonauti destinati a sbarcare sulla luna. Il tallone di Achille di tutto il progetto fu lo sviluppo del lanciatore. L'enorme razzo N-1, simile per dimensioni all'americano Saturn V usato nel programma Apollo, venne sottoposto a test più e più volte fallendo sempre. Nel momento stesso in cui Armstrong mise piede sulla Luna, il 20 luglio 1969, il programma lunare sovietico fu terminato e insabbiato. Anche in questo caso si ebbe la dimostrazione di come in epoca di guerra fredda la corsa allo spazio fosse completamente subordinata a scopi politici. Lo sviluppo dei colossali N-1 fu tagliato e i gruppi di lavoro furono sciolti. Fu ordinato di bruciare tutti i documenti e anche la maggior parte delle apparecchiature fu distrutta. Stessa sorte fu destinata alle poche tute prodotte fino a quel momento i cui progetti furono abbandonati. Pochissime di loro sopravvissero cosa che rende la tuta del Museo una testimonianza rara e importantissima di uno dei più grandi sforzi compiuti dal programma spaziale sovietico. 
xsd:string Questo cimelio è uno dei manufatti più importanti della storia spaziale sovietica e di tutta la storia dell'esplorazione spaziale in generale. Venne prodotta dalla Zvezda, l'azienda produttrice di tutte le tute sovietiche e russe, ed è il risultato dei primi esperimenti fatti per arrivare alla realizzazione di una tuta in grado di supportare la presenza dell'uomo sulla superficie lunare. Il suo aspetto ricorda nella parte superiore quello delle tute da palombaro e in quello inferiore quello delle tute anti-g usate per i caccia militari. Non è difficile immaginare come proprio dall'esperienza acquisita nell'esplorazione dei fondali marini e degli strati più alti dell'atmosfera, entrambi ambienti ostili per l'uomo, gli ingegneri sovietici abbiano tratto ispirazione per realizzare i primi prototipi della loro tuta alla quale venne assegnato il nome Krechet (Girfalco, in russo). Le maniche sono realizzate in materiale morbido, come morbida è la parte che copre le gambe; sul polso sinistro è fissato un manometro. Sulla parte anteriore del busto, in metallo rigido, sono presenti alcuni connettori di servizio e alcuni comandi a leva mentre quella posteriore è completamente occupata dallo zaino che contiene gli apparati per il supporto delle funzioni vitali. La parte posteriore è separata da quella anteriore ma è incernierata ad essa su uno dei lati. Questo permette di aprirla come se fosse uno sportello consentendo all'astronauta di infilarsi all'interno della tuta come si infilerebbe dentro una navicella (cosa che, di fatto, è......). Il casco, di grandi dimensioni per facilitare la visibilità, è solidale con la tuta e non staccabile. Sono presenti i calzari mentre mancano i guanti. Una grossa flangia di metallo congiunge la parte alta con la parte bassa e sul davanti è presente una manopola collegata tramite un cavo allo zaino posteriore. Una nota di stupore la dà la presenza di passamanerie finemente ricamate utilizzate per evidenti, quanto incomprensibili, funzioni decorative. Ve ne sono sul casco, sulle scarpe, sull bordo dello zaino e persino attorno a uno dei grossi connettori anteriori. 
xsd:string D-1421 

data from the linked data cloud